Federico Fuggini - piano creativo
venerdì 7 marzo 2014
PRENDI NOTA, LUDWIG!
Ma perché in Italia, e solo in Italia, diamo spazio a finti pianisti, finti artisti, finti modesti ai quali si affida addirittura la direzione dell'inno nazionale che chiude le trasmissioni di Radio Rai e che per giustificare le molte critiche che ricevono non trovano di meglio da dire che la loro musica è migliore di quella di Beethoven in quanto al poveretto mancava il senso del ritmo? Mistero...
Autorevole portavoce del profondo disagio che esiste nei confronti di queste realtà musicali è il violinista Uto Ughi, un artista che tutto il mondo ci invidia e che di Allevi dice testualmente: “Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista… Pianista? Ma lui si crede anche compositore, filosofo, poeta, scrittore. La cosa che più mi dà fastidio è l’investimento mediatico che è stato fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del nostro paese: prevalgono sempre le apparenze… Le composizioni sono musicalmente risibili e questa modestia di risultati viene accompagnata da dichiarazioni che esaltano la presunta originalità dell’interprete. Se cita dei grandi pianisti del passato, lo fa per rimarcare che a differenza di loro lui è “anche” un compositore. Così offende le interpretazioni davvero grandi: lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein. Ma anche rispetto a Modugno e a Mina. Questo deve essere chiaro… Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris… In altri tempi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio… Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile. E perfino nel suo campo, ci sono pianisti, cantanti, strumentisti, compositori assai più rilevanti di lui… Si tratta di un’esaltazione collettiva e parossistica dietro alla quale agisce evidentemente un forte investimento di marketing… Lui si ritiene un profeta della nuova musica… Ma forse non è neppure il vero responsabile di quello che dice”.
mercoledì 9 ottobre 2013
SONO FELICE CHE SONO ARRIVATO UNO!
Come regalo di compleanno con il trio pianistico Six Hands the City abbiamo partecipato al concorso pianistico internazionale "Città di Spoleto" classificandoci al primo posto nella nostra categoria! Nella Foto, da sinistra: sconosciuto, Paolo Savio, Loredana Ferriano, Federico Fuggini, sconosciuto
domenica 27 gennaio 2013
IL TRIO SECONDO VETTORI
ecco una simpatica caricatura del trio SIX hANDs THE CITY fatta dal bravissimo Fabio Vettori, quello delle formiche!
e qui trovate il video ufficiale:
http://www.youtube.com/watch?v=btWM7wfAGkk
martedì 4 settembre 2012
LA SCUOLA IN APPALTO
Sempre più spesso l'insegnamento della musica nella scuola elementare viene delegato ad esperti esterni, ecco alcune riflessioni in proposito, leggete e commentate!
PARS DESTRUENS L’insegnamento di educazione al suono e alla musica nella scuola primaria è spesso temuto, schivato, delegato o, peggio ancora, abortito (basti sfogliare molti quaderni di educazione al suono e alla musica, anoressici in fatto di quantità e qualità dei materiali raccolti). Insomma, se ti tocca di insegnare musica nelle elementari o sei particolarmente sfortunato o forse semplicemente un po’ ingenuo e votato al sacrificio soprattutto quando in prossimità del Natale o della festa di fine anno ti arrivano richieste del tipo: “Tu che fai musica, se ti do una cassettina, (spesso siamo ancora alle cassettine, il midi o l’MP3 sono ancora tabù) potresti toglierci la voce e lasciare la musica?” oppure: “Visto che alle medie suoneranno il flauto dolce, non è il caso che gli insegniamo a suonarlo già qui?” “Ieri sera ho visto un bambino che suonava Il volo del calabrone con il pianoforte, per caso hai le parole del testo?” Il panico dilaga, serve un deus ex machina, un’autorità indiscussa che tolga i docenti dai guai...arriva l’esperto. L’esperto (di musica o di qualsiasi disciplina curriculare) arriva come un vero salvatore che va a colmare una lacuna che creava disagio, le insegnanti lo stimano: è diplomato al conservatorio! (che per una maestra sarebbe come a dire: ha fatto le magistrali!), vi si affidano totalmente ed assistono estasiate alle lezioni che egli fa al posto loro in classe, qualcuna prende appunti... E’ la resa incondizionata, si viene a creare un legame di dipendenza, ossia: c’è l’esperto? Ok, allora facciamo musica, pensiamo in grande, non c’è? Beh, allora la musica tornerà ad essere la Cenerentola dell’orario settimanale, la prima ad essere sacrificata se ci sono ore da recuperare o se siamo indietro con qualche altra materia. L’anno finisce tra grandi sospiri di sollievo, felicemente dimentichi che una persona ha insegnato al tuo posto, durante le ore nelle quali sei stato pagato per un lavoro che in realtà è stato svolto da un altro. I contribuenti, i genitori di quei bambini, anch’essi ammirati, scordano di aver pagato due volte la medesima lezione ma va bene lo stesso, purché facciano musica con un esperto... Porte aperte quindi a musicisti, pittori, atleti che ci sostituiscano nell’arduo compito al quale abbiamo scelto di votarci e per il quale siamo pagati, meglio subappaltare a dei sostituti che lavorino al nostro posto con i soldi dello stato! Cosa di meglio, poi, al termine di una manciata di lezioni profumatamente pagate, che invitare i genitori e gli insegnanti (solo quelli delle classi coinvolte, ovvio, gli altri non servono) ad un piccolo saggio con tanto di QUESTIONARIO DI GRADIMENTO per assicurarsi una futura riproposta del corso (ti è piaciuto? Vuoi che tuo figlio abbia ancora quest'opportunità o preferisci lasciarlo nelle mani di maestre incapaci? Allora paga!)?
PARS COSTRUENS Sono assolutamente convinto che chi insegna debba avere una specifica formazione sul piano pedagogico e didattico che gli permetta di conoscere gli snodi strutturali delle discipline, le diverse strategie metodologiche, sia disponibile ad aggiornarsi, sappia predisporre una programmazione ed una valutazione, sappia lavorare in equipe...insomma, sia un insegnante e non solo un musicista per quanto bravo ed esperto. Faccio un esempio: Possiamo forse negare che Francesco Totti sia un “esperto attaccante”? o Dario Argento un “esperto regista horror” o magari Federico Moccia un “esperto scrittore generazionale”? Certamente no, ma altrettanto certamente non possiamo garantire la loro efficacia una volta tolti dal campo da gioco, dalla macchina da presa o dalla scrivania e portati in una classe.Non credo affatto che a dei diplomati al Conservatorio, per quanto bravi e volenterosi, basti un corso di formazione ad hoc per passare da esperti in un determinato campo ad insegnanti, ritengo invece che il percorso debba essere diverso, prevedendo la formazione all’insegnamento già durante il corso di studi e che debba essere verificato mediante esami, come accade a tutti gli insegnanti. Certo, parlando dello specifico musicale, il piano di studi del conservatorio andrebbe totalmente rivisto, prevedendo all’interno del medesimo corso di strumento almeno tre indirizzi: concertistico (per chi desidera diventare un fine interprete), cameristico (per chi vuole suonare o accompagnare altri musicisti) e didattico (per chi intende dedicarsi all’insegnamento). Per ora i programmi del conservatorio sono fermi al 1922 (quando si parlava ancora del jazz come di musica negroide!) ma sono fiducioso... La medesima necessità di una svolta riguarda l’istituto scolastico che forma i futuri insegnanti: il liceo socio-psico-pedagogico che in campo di educazione musicale fa ben poco. Si tenga conto che le attuali maestre si sono formate sul libro di testo di Achille Schinelli, nato nel 1882! Immaginiamo per un attimo cosa accadrebbe se un professore di storia adottasse un libro di testo scritto più di un secolo fa!Certo le eccezioni non mancano, nel liceo socio-psico-pedagogico di Verona sono stati avviati dei corsi di strumento musicale (ma si farà anche didattica della musica?), molte maestre frequentano corsi di formazione che però si innestano su un vuoto culturale che le costringe a limitarsi a ripetere pedissequamente il repertorio ed i materiali loro proposti nei corsi, basta vedere il fiorire di Tumbe Tumbe, danze dell’Est europeo e quant’altro che di anno in anno vengono affibbiate senza tener minimamente conto delle competenze musicali pregresse in possesso dei bambini e dei ragazzini delle scuole medie. Sono convinto che un serio percorso di formazione degli insegnanti sia possibile purché svolto con criteri volti all’emancipazione didattica e non alla dipendenza: il fatto che vi siano docenti che da anni frequentano corsi di formazione e sentano ancora la necessità di un esperto in classe dovrebbe far riflettere sull’efficacia di molti corsi. Oltre allo sviluppo dell’autonomia credo sia importante porre attenzione all’utilizzo delle risorse interne, ossia alla possibilità di utilizzare le competenze specifiche dei docenti per pianificare una programmazione ma anche per proporre percorsi formativi “dall’interno” e non “dall’esterno”, con un maggior legame all’identità della scuola, agli sfondi e agli stili educativi dei diversi istituti scolastici Il ruolo di un esperto esterno non dovrebbe mai essere quello di sostituirsi all’insegnante per “manifesta incapacità”, bensì quello di formare i docenti per favorire lo sviluppo dalla massima autonomia sul piano programmatico, operativo e metodologico. Quindi non “fare al posto di” perché ciò rafforzerebbe il senso di inadeguatezza e il legame di dipendenza psicologica, ma neppure “fare assieme a” a meno che a ciò non faccia seguito un momento di verifica dove si approfondisca il senso delle attività nell’ottica della formazione dei docenti. Come procedere dunque? Il primo passo da fare è, a mio avviso, quello della stesura di una seria programmazione quinquennale. Nella scuola primaria i momenti di programmazione non mancano certamente ma quanti minuti sono stati dedicati alla programmazione di educazione al suono e alla musica? Ben pochi, temo. Anche gli incontri di programmazione per ambiti disciplinari che vengono regolarmente organizzati in parallelo tra più plessi vedono la musica esclusa, ignorata, preferita alle materie “forti” quali la lingua, la matematica, non ho mai programmato o semplicemente discusso di educazione musicale con i colleghi degli altri plessi! Quante volte ho visto programmazioni di educazione al suono e alla musica che inevitabilmente partono con queste parole: “Già nel grembo materno il bambino vive immerso in un universo sonoro: la voce della madre, il battito del cuore...” per poi passare al primo obiettivo: “Distinzione tra suoni e rumori” peccato che questa distinzione sia già stata superata da almeno una cinquantina d’anni dalle composizioni di John Cage, dalla musica concreta di Schaeffer e da molti autori rock! Nella programmazione si dovrà tener conto di obiettivi primari quali l’educazione al ritmo, l’educazione dell’orecchio, l’educazione della voce, l’educazione all’ascolto, il coordinamento oculo-manuale ossia a tutti quei prerequisiti che spesso vengono bypassati a favore di frettolosi apprendimenti di improbabili canzoni di Natale spesso inadatte alla vocalità infantile (una su tutte: Happy Christmas, war is over di John Lennon) Andrebbero maggiormente sviluppate iniziative quali il coro scolastico, formato da bambini e ragazzi di più classi, l’orchestra della scuola, che utilizza strumentari didattici o autocostruiti, una band musicale alla quale partecipino anche i genitori che sanno suonare uno strumento...tutte queste realtà sono praticate da anni nelle scuole americane di diversi ordini, dalla scuola di base ai college, alle università. Gli insegnanti che vi operano sono completamente inseriti nell’organico e nel curricolo scolastico e non si affacciano semplicemente alla scuola per interventi temporanei che non lasciano nulla sul piano educativo. Accanto a tali formazioni si può affiancare un laboratorio teatrale, un gruppo di danza (popolare, moderna, jazz) e potrebbero sorgere molteplici occasioni di collaborazione tra i diversi gruppi nell’ottica di una pluralità delle offerte formative. Un progetto così strutturato non può che essere svolto in modo assiduo, regolare e costante lungo tutto l’anno scolastico e lungo tutto il percorso curriculare per non vanificare l’apprendimento delle abilità di base che poi il bambino si porterà dietro per tutta la vita e sulle quali si andranno a fondare i successivi apprendimenti di tipo tecnico- strumentale. In una prospettiva di tale ampiezza sarà senz’altro necessario attingere anche a risorse esterne che provvedano alla formazione degli insegnanti ma per evitare di ricadere nella logica dell’esperto-sostituto il loro ruolo deve essere quello di formatori su lungo periodo, ossia, si dovrebbe pensare ad un percorso pluriennale dove vi sia un primo momento di formazione sul piano teorico-tecnico, un secondo sul piano della programmazione della disciplina, un terzo sulla verifica delle attività svolte in classe e nei gruppi eterogenei. Sarebbe senz’altro opportuno formare una commissione di insegnanti che si facesse carico di verificare le risorse presenti nei diversi plessi, sia sul piano umano che su quello materiale, stendesse una prima programmazione di massima, individuasse gli esperti da coinvolgere, tenesse i contatti tra i diversi ordini di scuola: dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore e superiore, pianificasse momenti e modalità di verifica in itinere sotto forma di esibizioni collettive... E’ estremamente importante che gli esperti coinvolti nella formazione siano “esperti in formazione” e non semplici “esperti nelle disciplina” ossia siano in possesso di reali e dimostrabili competenze nel campo della formazione degli insegnanti. Via libera quindi ad insegnanti di didattica della musica, di metodologia dell’educazione musicale, di tecniche dell’insegnamento strumentale. Tutto ciò si scontra con la rigidità strutturale delle istituzioni scolastiche dove risulta più semplice impiegare esperti-insegnanti piuttosto che provvedere a ripristinare una situazione di normalità lavorativa mediante la formazione del personale docente attraverso esperti di didattica delle discipline e la valorizzazione delle risorse interne nel ruolo di pianificatori delle programmazioni specifiche...ma è quanto mai necessario e, a mio modesto giudizio, possibile.
PARS ETICA Avevo già detto all’inizio che trovavo discutibile sul piano etico l’intervento di un esterno che operi in mia vece in classe, pertanto non trovo moralmente giusto essere retribuito per un insegnamento svolto in realtà da un’altra persona. L’inevitabile conseguenza di questo ragionamento è che le ore nelle quali ho assistito alle lezioni di un esperto che ha insegnato al mio posto non mi debbano essere riconosciute sul piano economico Pertanto ho intenzione di restituire quanto prima all’Istituto Comprensivo presso il quale insegno il corrispondente economico delle ore lavorative durante le quali un "esperto" ha insegnato al mio posto.
PARS DESTRUENS L’insegnamento di educazione al suono e alla musica nella scuola primaria è spesso temuto, schivato, delegato o, peggio ancora, abortito (basti sfogliare molti quaderni di educazione al suono e alla musica, anoressici in fatto di quantità e qualità dei materiali raccolti). Insomma, se ti tocca di insegnare musica nelle elementari o sei particolarmente sfortunato o forse semplicemente un po’ ingenuo e votato al sacrificio soprattutto quando in prossimità del Natale o della festa di fine anno ti arrivano richieste del tipo: “Tu che fai musica, se ti do una cassettina, (spesso siamo ancora alle cassettine, il midi o l’MP3 sono ancora tabù) potresti toglierci la voce e lasciare la musica?” oppure: “Visto che alle medie suoneranno il flauto dolce, non è il caso che gli insegniamo a suonarlo già qui?” “Ieri sera ho visto un bambino che suonava Il volo del calabrone con il pianoforte, per caso hai le parole del testo?” Il panico dilaga, serve un deus ex machina, un’autorità indiscussa che tolga i docenti dai guai...arriva l’esperto. L’esperto (di musica o di qualsiasi disciplina curriculare) arriva come un vero salvatore che va a colmare una lacuna che creava disagio, le insegnanti lo stimano: è diplomato al conservatorio! (che per una maestra sarebbe come a dire: ha fatto le magistrali!), vi si affidano totalmente ed assistono estasiate alle lezioni che egli fa al posto loro in classe, qualcuna prende appunti... E’ la resa incondizionata, si viene a creare un legame di dipendenza, ossia: c’è l’esperto? Ok, allora facciamo musica, pensiamo in grande, non c’è? Beh, allora la musica tornerà ad essere la Cenerentola dell’orario settimanale, la prima ad essere sacrificata se ci sono ore da recuperare o se siamo indietro con qualche altra materia. L’anno finisce tra grandi sospiri di sollievo, felicemente dimentichi che una persona ha insegnato al tuo posto, durante le ore nelle quali sei stato pagato per un lavoro che in realtà è stato svolto da un altro. I contribuenti, i genitori di quei bambini, anch’essi ammirati, scordano di aver pagato due volte la medesima lezione ma va bene lo stesso, purché facciano musica con un esperto... Porte aperte quindi a musicisti, pittori, atleti che ci sostituiscano nell’arduo compito al quale abbiamo scelto di votarci e per il quale siamo pagati, meglio subappaltare a dei sostituti che lavorino al nostro posto con i soldi dello stato! Cosa di meglio, poi, al termine di una manciata di lezioni profumatamente pagate, che invitare i genitori e gli insegnanti (solo quelli delle classi coinvolte, ovvio, gli altri non servono) ad un piccolo saggio con tanto di QUESTIONARIO DI GRADIMENTO per assicurarsi una futura riproposta del corso (ti è piaciuto? Vuoi che tuo figlio abbia ancora quest'opportunità o preferisci lasciarlo nelle mani di maestre incapaci? Allora paga!)?
PARS COSTRUENS Sono assolutamente convinto che chi insegna debba avere una specifica formazione sul piano pedagogico e didattico che gli permetta di conoscere gli snodi strutturali delle discipline, le diverse strategie metodologiche, sia disponibile ad aggiornarsi, sappia predisporre una programmazione ed una valutazione, sappia lavorare in equipe...insomma, sia un insegnante e non solo un musicista per quanto bravo ed esperto. Faccio un esempio: Possiamo forse negare che Francesco Totti sia un “esperto attaccante”? o Dario Argento un “esperto regista horror” o magari Federico Moccia un “esperto scrittore generazionale”? Certamente no, ma altrettanto certamente non possiamo garantire la loro efficacia una volta tolti dal campo da gioco, dalla macchina da presa o dalla scrivania e portati in una classe.Non credo affatto che a dei diplomati al Conservatorio, per quanto bravi e volenterosi, basti un corso di formazione ad hoc per passare da esperti in un determinato campo ad insegnanti, ritengo invece che il percorso debba essere diverso, prevedendo la formazione all’insegnamento già durante il corso di studi e che debba essere verificato mediante esami, come accade a tutti gli insegnanti. Certo, parlando dello specifico musicale, il piano di studi del conservatorio andrebbe totalmente rivisto, prevedendo all’interno del medesimo corso di strumento almeno tre indirizzi: concertistico (per chi desidera diventare un fine interprete), cameristico (per chi vuole suonare o accompagnare altri musicisti) e didattico (per chi intende dedicarsi all’insegnamento). Per ora i programmi del conservatorio sono fermi al 1922 (quando si parlava ancora del jazz come di musica negroide!) ma sono fiducioso... La medesima necessità di una svolta riguarda l’istituto scolastico che forma i futuri insegnanti: il liceo socio-psico-pedagogico che in campo di educazione musicale fa ben poco. Si tenga conto che le attuali maestre si sono formate sul libro di testo di Achille Schinelli, nato nel 1882! Immaginiamo per un attimo cosa accadrebbe se un professore di storia adottasse un libro di testo scritto più di un secolo fa!Certo le eccezioni non mancano, nel liceo socio-psico-pedagogico di Verona sono stati avviati dei corsi di strumento musicale (ma si farà anche didattica della musica?), molte maestre frequentano corsi di formazione che però si innestano su un vuoto culturale che le costringe a limitarsi a ripetere pedissequamente il repertorio ed i materiali loro proposti nei corsi, basta vedere il fiorire di Tumbe Tumbe, danze dell’Est europeo e quant’altro che di anno in anno vengono affibbiate senza tener minimamente conto delle competenze musicali pregresse in possesso dei bambini e dei ragazzini delle scuole medie. Sono convinto che un serio percorso di formazione degli insegnanti sia possibile purché svolto con criteri volti all’emancipazione didattica e non alla dipendenza: il fatto che vi siano docenti che da anni frequentano corsi di formazione e sentano ancora la necessità di un esperto in classe dovrebbe far riflettere sull’efficacia di molti corsi. Oltre allo sviluppo dell’autonomia credo sia importante porre attenzione all’utilizzo delle risorse interne, ossia alla possibilità di utilizzare le competenze specifiche dei docenti per pianificare una programmazione ma anche per proporre percorsi formativi “dall’interno” e non “dall’esterno”, con un maggior legame all’identità della scuola, agli sfondi e agli stili educativi dei diversi istituti scolastici Il ruolo di un esperto esterno non dovrebbe mai essere quello di sostituirsi all’insegnante per “manifesta incapacità”, bensì quello di formare i docenti per favorire lo sviluppo dalla massima autonomia sul piano programmatico, operativo e metodologico. Quindi non “fare al posto di” perché ciò rafforzerebbe il senso di inadeguatezza e il legame di dipendenza psicologica, ma neppure “fare assieme a” a meno che a ciò non faccia seguito un momento di verifica dove si approfondisca il senso delle attività nell’ottica della formazione dei docenti. Come procedere dunque? Il primo passo da fare è, a mio avviso, quello della stesura di una seria programmazione quinquennale. Nella scuola primaria i momenti di programmazione non mancano certamente ma quanti minuti sono stati dedicati alla programmazione di educazione al suono e alla musica? Ben pochi, temo. Anche gli incontri di programmazione per ambiti disciplinari che vengono regolarmente organizzati in parallelo tra più plessi vedono la musica esclusa, ignorata, preferita alle materie “forti” quali la lingua, la matematica, non ho mai programmato o semplicemente discusso di educazione musicale con i colleghi degli altri plessi! Quante volte ho visto programmazioni di educazione al suono e alla musica che inevitabilmente partono con queste parole: “Già nel grembo materno il bambino vive immerso in un universo sonoro: la voce della madre, il battito del cuore...” per poi passare al primo obiettivo: “Distinzione tra suoni e rumori” peccato che questa distinzione sia già stata superata da almeno una cinquantina d’anni dalle composizioni di John Cage, dalla musica concreta di Schaeffer e da molti autori rock! Nella programmazione si dovrà tener conto di obiettivi primari quali l’educazione al ritmo, l’educazione dell’orecchio, l’educazione della voce, l’educazione all’ascolto, il coordinamento oculo-manuale ossia a tutti quei prerequisiti che spesso vengono bypassati a favore di frettolosi apprendimenti di improbabili canzoni di Natale spesso inadatte alla vocalità infantile (una su tutte: Happy Christmas, war is over di John Lennon) Andrebbero maggiormente sviluppate iniziative quali il coro scolastico, formato da bambini e ragazzi di più classi, l’orchestra della scuola, che utilizza strumentari didattici o autocostruiti, una band musicale alla quale partecipino anche i genitori che sanno suonare uno strumento...tutte queste realtà sono praticate da anni nelle scuole americane di diversi ordini, dalla scuola di base ai college, alle università. Gli insegnanti che vi operano sono completamente inseriti nell’organico e nel curricolo scolastico e non si affacciano semplicemente alla scuola per interventi temporanei che non lasciano nulla sul piano educativo. Accanto a tali formazioni si può affiancare un laboratorio teatrale, un gruppo di danza (popolare, moderna, jazz) e potrebbero sorgere molteplici occasioni di collaborazione tra i diversi gruppi nell’ottica di una pluralità delle offerte formative. Un progetto così strutturato non può che essere svolto in modo assiduo, regolare e costante lungo tutto l’anno scolastico e lungo tutto il percorso curriculare per non vanificare l’apprendimento delle abilità di base che poi il bambino si porterà dietro per tutta la vita e sulle quali si andranno a fondare i successivi apprendimenti di tipo tecnico- strumentale. In una prospettiva di tale ampiezza sarà senz’altro necessario attingere anche a risorse esterne che provvedano alla formazione degli insegnanti ma per evitare di ricadere nella logica dell’esperto-sostituto il loro ruolo deve essere quello di formatori su lungo periodo, ossia, si dovrebbe pensare ad un percorso pluriennale dove vi sia un primo momento di formazione sul piano teorico-tecnico, un secondo sul piano della programmazione della disciplina, un terzo sulla verifica delle attività svolte in classe e nei gruppi eterogenei. Sarebbe senz’altro opportuno formare una commissione di insegnanti che si facesse carico di verificare le risorse presenti nei diversi plessi, sia sul piano umano che su quello materiale, stendesse una prima programmazione di massima, individuasse gli esperti da coinvolgere, tenesse i contatti tra i diversi ordini di scuola: dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore e superiore, pianificasse momenti e modalità di verifica in itinere sotto forma di esibizioni collettive... E’ estremamente importante che gli esperti coinvolti nella formazione siano “esperti in formazione” e non semplici “esperti nelle disciplina” ossia siano in possesso di reali e dimostrabili competenze nel campo della formazione degli insegnanti. Via libera quindi ad insegnanti di didattica della musica, di metodologia dell’educazione musicale, di tecniche dell’insegnamento strumentale. Tutto ciò si scontra con la rigidità strutturale delle istituzioni scolastiche dove risulta più semplice impiegare esperti-insegnanti piuttosto che provvedere a ripristinare una situazione di normalità lavorativa mediante la formazione del personale docente attraverso esperti di didattica delle discipline e la valorizzazione delle risorse interne nel ruolo di pianificatori delle programmazioni specifiche...ma è quanto mai necessario e, a mio modesto giudizio, possibile.
PARS ETICA Avevo già detto all’inizio che trovavo discutibile sul piano etico l’intervento di un esterno che operi in mia vece in classe, pertanto non trovo moralmente giusto essere retribuito per un insegnamento svolto in realtà da un’altra persona. L’inevitabile conseguenza di questo ragionamento è che le ore nelle quali ho assistito alle lezioni di un esperto che ha insegnato al mio posto non mi debbano essere riconosciute sul piano economico Pertanto ho intenzione di restituire quanto prima all’Istituto Comprensivo presso il quale insegno il corrispondente economico delle ore lavorative durante le quali un "esperto" ha insegnato al mio posto.
venerdì 8 giugno 2012
L'OSPEDALE DEI SANI
Chi ha bisogno di cure (musicali)?
I sani o gli ammalati?
L'antefatto.
In una scuola media (pardòn, secondaria inferiore) ad indirizzo musicale parte la campagna acquisti per gli allievi del prossimo anno scolastico: gran risuonare di grancasse nella quinta elementare (pardòn, primaria) per reclamizzare la selezione tra i bambini che, eletti tra gli eletti, potranno ricevere lezioni individuali di vari strumenti musicali in orario pomeridiano.
Alcuni sono interessati, altri meno.
Altri...
Ecco:
questi "altri" sono bambini ai quali la musica farebbe un gran bene, magari per compensare le loro difficoltà scolastiche, la loro situazione socioculturale, i loro deficit d apprendimento...
No, per loro non c'è posto.
Il test (datato 1966, si sente addirittura il calo di intonazione dovuto al pietoso riversamento in cd di cassette a nastro ormai mezze smagnetizzate) parla chiaro: non sa riconoscere gruppi di più suoni, non ripete alla perfezione ritmi complessi o non regolari, non distingue l'intonazione di alcuni suoni.
I più bravi, o semplicemente i più fortunati, passano, arriva una seconda selezione, tipo esame scolastico; professori schierati e candidato dall'altra parte della barricata. Non è presente nessun insegnante di classe, a cosa serve? Mica si valuta il bambino nella sua globalità: non serve conoscere la sua storia scolastica, il suo stile cognitivo, le sue competenze...qui siamo nell'etereo campo dell'arte dove tutto viene permesso: neanche all'esame di maturità si permette che un allievo sia esaminato da una commissione esclusivamente esterna!
L'esaminatore chiede: ora ti canto una melodia, tu devi ripeterla. Oppure, ora eseguo un ritmo con la matita sul bordo del banco ( ! ) tu ripetilo, ma sempre sul bordo, mi raccomando!
Un'altra chiede: fammi vedere la mano (che sia una chiromante?) Ma davvero si pensa di valutare le competenze musicali di un bambino così: tenendolo seduto su una sedia con la matita in mano? Qualche settimana dopo arrivano i risultati: qualche ammesso: i più predisposti, i più bravi, molti respinti. Respinti, come un esercito nemico al fronte. Che bello far scuola così: potersi scegliere i migliori, i più tranquilli, magari i più intelligenti, quelli che non ti daranno mai problemi, anche se sono costretti a firmare una specie di arruolamento volontario triennale, tipo marina militare: ossia per tre anni non possono cambiare strumento (neanche se, cammin facendo, scoprono che la chitarra era meglio del piano o le percussioni del flauto traverso). Perchè non fare un periodo di prova, non impegnativo e poi, assieme a famiglia, maestre e futuri insegnanti di strumento, decidere il da farsi?
Morale: a chi ha di più (orecchio musicale, senso ritmico, coordinamento) si offre ancora di più, a chi ha meno si offre di meno.
A un bambino con difficoltà di apprendimento ma che conosce i corali di Bach, la primavera di Vivaldi e che frequenta regolarmente le sale da concerto non si da spazio, ad altri che invece problemi non ne hanno si riservano i posti migliori, ma ha senso?
Ha senso, nelle scuole secondarie ad indirizzo musicale, fare una selezione a più livelli per scegliere la creme de la creme alla quale insegnare uno strumento musicale (con poca fatica) ed escludere bambini magari più motivati per i quali la musica rappresenterebbe un ottimo strumento di riscatto da una serie di difficoltà, scolastiche e non?
E le pari opportunità?
E l'attenzione per i più deboli?
Don Milani diceva: "Pensate se un tornitore potesse buttare i pezzi venuti male e consegnare al datore di lavoro solo quelli buoni: verrebbe licenziato immediatamente!" invece si continuano a somministrare test datati (e superati) per poi sottoporre chi li supera ad una ulteriore selezione "nasometrica" (non riesco a trovare termini più gentili) attraverso le quali si suppone di valutare il cosidetto talento musicale onde evitare di fare troppa fatica nei tre anni successivi...
Occorrerebbe una specie di rivoluzione copernicana: puntare l'obiettivo sui più deboli, ma davanti ad una cattedra a rischio, ad insegnanti che si nascondono dietro il famigerato test di Bentley (1966, come se da allora in poi non si fosse più fatto nulla!) tutti si inchinano e l'ospedale continua a curare i sani e respingere gli ammalati.
Un'altra chiede: fammi vedere la mano (che sia una chiromante?) Ma davvero si pensa di valutare le competenze musicali di un bambino così: tenendolo seduto su una sedia con la matita in mano? Qualche settimana dopo arrivano i risultati: qualche ammesso: i più predisposti, i più bravi, molti respinti. Respinti, come un esercito nemico al fronte. Che bello far scuola così: potersi scegliere i migliori, i più tranquilli, magari i più intelligenti, quelli che non ti daranno mai problemi, anche se sono costretti a firmare una specie di arruolamento volontario triennale, tipo marina militare: ossia per tre anni non possono cambiare strumento (neanche se, cammin facendo, scoprono che la chitarra era meglio del piano o le percussioni del flauto traverso). Perchè non fare un periodo di prova, non impegnativo e poi, assieme a famiglia, maestre e futuri insegnanti di strumento, decidere il da farsi?
Morale: a chi ha di più (orecchio musicale, senso ritmico, coordinamento) si offre ancora di più, a chi ha meno si offre di meno.
A un bambino con difficoltà di apprendimento ma che conosce i corali di Bach, la primavera di Vivaldi e che frequenta regolarmente le sale da concerto non si da spazio, ad altri che invece problemi non ne hanno si riservano i posti migliori, ma ha senso?
Ha senso, nelle scuole secondarie ad indirizzo musicale, fare una selezione a più livelli per scegliere la creme de la creme alla quale insegnare uno strumento musicale (con poca fatica) ed escludere bambini magari più motivati per i quali la musica rappresenterebbe un ottimo strumento di riscatto da una serie di difficoltà, scolastiche e non?
E le pari opportunità?
E l'attenzione per i più deboli?
Don Milani diceva: "Pensate se un tornitore potesse buttare i pezzi venuti male e consegnare al datore di lavoro solo quelli buoni: verrebbe licenziato immediatamente!" invece si continuano a somministrare test datati (e superati) per poi sottoporre chi li supera ad una ulteriore selezione "nasometrica" (non riesco a trovare termini più gentili) attraverso le quali si suppone di valutare il cosidetto talento musicale onde evitare di fare troppa fatica nei tre anni successivi...
Occorrerebbe una specie di rivoluzione copernicana: puntare l'obiettivo sui più deboli, ma davanti ad una cattedra a rischio, ad insegnanti che si nascondono dietro il famigerato test di Bentley (1966, come se da allora in poi non si fosse più fatto nulla!) tutti si inchinano e l'ospedale continua a curare i sani e respingere gli ammalati.
venerdì 6 maggio 2011
SIX HANDS THE CITY: sei mani al pianoforte!
martedì 13 luglio 2010
PAROLE, PAROLE, PAROLE...
degli snodi strutturali nei sistemi educativi musicali europei
per un nuovo percorso formativo in italia
In un paese dove i bidelli di Deamicisiana memoria si trasformano in collaboratori scolastici, gli spazzini tanto cari al Calvino degli irresistibili racconti di Marcovaldo vengono promossi ad operatori ecologici e neppure gli infermieri scampano a questo lifting linguistico trasformandosi in manager delle professioni sanitarie, sembra strano dover richiamare alcuni termini che dovrebbero essere pane quotidiano per chi si occupa di educazione musicale.
Parole, definizioni che sembrano scontate sono spesso cancellate, evitate, derise; a molti sarà certamente capitato di sentirsi in imbarazzo quando ci viene richiesta per l’ennesima volta la nostra “vera” professione dopo aver chiaramente dichiarato: “Faccio il musicista” sollevando sguardi di pietoso compatimento: “Musicista? Ma se non ti ho mai visto in televisione!” Questa tra le varie risposte che ho ricevuto è la più ripetibile, ma non è stata l’unica: “Musicista? Ma se non ha neanche l’autoradio!” (una pattuglia di Carabinieri che mi aveva fermato dopo un concerto) “Musicista? Ok, ma per vivere cosa fa realmente?” (l’addetto all’anagrafe del mio comune che mi conosce da quando sono nato) “Musicista? Io ho un cugino che canta ai matrimoni…” (scontata la risposta: “Bisogna aver pazienza, nessuno è perfetto…”) Mi fermo qui ma potrei continuare a lungo.
Il primo termine da recuperare è appunto questo: musicista.
Una parola spesso equivocata (musicista uguale visibilità uguale successo uguale potere) che in Italia ha perso sia dignità (vedi gli aneddoti di cui sopra) che significato.
Occorre riappropriarsi con rinnovato orgoglio di questo aggettivo e praticarlo soprattutto come sostantivo: professione musicista o musicista di professione devono diventare categorie riconosciute e riconoscibili (abbiamo creato i tronisti, le veline, i paparazzi e dobbiamo rinunciare ai musicisti?) nonostante riforme, tagli e quant’altro si abbatte e si potrà abbattere in futuro.
Ma non è purtroppo l’unico: affondati da una mole cartacea spesso obsoleta e farraginosa che scoraggia chi osi andare alla ricerca di punti fermi, di costanti pedagogiche comparabili o semplicemente di obiettivi interdisciplinari all’interno delle programmazioni e dei piani di studio del sistema educativo musicale nostrano sembra necessario procedere come i salmoni: risalire dagli effetti e ripercorrere a ritroso tutto il percorso che ha portato i musicisti italici ad avere sempre più spesso una formazione musicale lacunosa o comunque decisamente migliorabile. Dov’è che si sono persi di vista quei punti fermi, quegli obiettivi irrinunciabili, dove sono finite le parole che dovremmo sempre aver presenti durante la formazione musicale?
Analizzando in sintesi i piani di studio tedeschi, belgi e spagnoli è evidente che occorre recuperare la dimensione dell’ente formativo per eccellenza, il conservatorio, quale comunità educante.
Comunità intesa come gruppo di persone che condividono regole, valori, responsabilità, e che stabiliscono una rete di relazioni, una vita sociale dalla quale nessun individuo è avulso, trascurato. Educante perché ha stabilito un chiaro progetto educativo e si fa carico di chi è in difficoltà, sostenendolo ed aiutandolo a sviluppare il suo potenziale educativo ma al tempo stesso valorizza chi è dotato offrendogli continue occasioni per crescere e completare la sua formazione. Parlando di condivisione vorrei far rilevare il valore formativo dell’esperienza del fare musica assieme agli allievi, in formazioni miste di docenti e studenti. Come ho potuto constatare in alcune brevi esperienze all’estero, questa pratica è altamente gratificante sul piano umano e relazionale nonché estremamente utile sul piano formativo in quanto l’allievo si sente valorizzato e considerato come elemento importante in un sistema che produce eventi artistici significativi.
Una metodologia ancora poco praticata ma che sta dando ottimi risultati è quella della lezione collettiva di strumento, dove allievi di diverso livello ma uniti dalla passione per lo stesso strumento si trovano a far musica assieme con diverse modalità: a volte uno studente suona e gli altri fanno le proprie osservazioni, a volte si legge assieme un nuovo brano e si lavora a livello di analisi e successive variazioni, altre volte si fanno composizioni estemporanee seguendo le indicazioni dell’insegnante, tutto ciò in un clima di grande serenità dovuto alla condivisione di un’esperienza dove ognuno da al gruppo il proprio apporto personale secondo le sue capacità.
In una comunità educante è scontato prevedere una formazione musicale globale dell’individuo che offra gli strumenti per decodificare la realtà musicale in tutti i suoi molteplici aspetti e linguaggi.
Qui il discorso diventa più articolato: anche nei conservatori italiani si studiano altre “materie” oltre allo strumento: teoria musicale, armonia, storia della musica…ma possiamo sinceramente dire che tale formazione sia sufficiente e soprattutto spendibile a livello europeo? Certamente no, basta confrontare l’articolazione dei corsi di teoria musicale (altrove definiti “linguaggio musicale” oppure “formazione dell’orecchio musicale”) per rendersi conto che il confronto è spietatamente a nostro svantaggio, e non solo esclusivamente nel campo del puro solfeggio ma anche in tutti quegli aspetti dell’alfabetizzazione musicale: dalla ritmica all’educazione dell’orecchio, dall’analisi all’improvvisazione, dalla lettura a prima vista al trasporto, dall’accompagnamento alla conoscenza del repertorio.
Chiediamoci per un attimo se i cosiddetti “corsi complementari” di storia della musica o di armonia siano ancora difendibili sul piano della formazione globale del musicista o se non andrebbero rivisti, potenziati, e, soprattutto, legati ad esperienze concrete all’interno della comunità educante.
Un sistema musicale comunitario non può non prevedere una pluralità di indirizzi e specializzazioni volti a soddisfare le molteplici realtà della pratica musicale contemporanea. Ai nostri giorni non basta più essere un “musicista”, occorre approfondire il proprio percorso rendendolo il più affine alle proprie capacità e alle proprie esigenze: da qui un molteplicità di indirizzi, già esistente in molte realtà straniere: dal concertismo alla musica da camera, dalla didattica dello strumento all’accompagnamento.
Tale specializzazione non deve però andare a scapito di una profonda conoscenza globale dello strumento e della più ampia pratica dei repertori delle varie epoche e dei diversi stili, in tal senso molti istituti hanno aperto le porte alla musica jazz e alla musica contemporanea, con formazioni diversificate che permettono di sviluppare sul piano pratico abilità troppo spesso emarginate: la lettura a prima vista, il trasporto, l’improvvisazione.
Nella mia esperienza all’estero ho assistito a lezioni di strumento non vincolate entro gli stretti limiti dei sessanta minuti, trascorsi i quali, indipendentemente da qualsiasi necessità didattica, occorreva interrompere il lavoro. Ho assistito ad una lezione durata oltre due ore al termine della quale insegnante ed allieva erano entrambi stremati ma consapevoli di aver sia ricevuto che dato, stabilendo una relazione educativa bidirezionale che la lasciava entrambi soddisfatti.
Volendo proseguire in quest’ottica le riforme al sistema italiano appaiono profonde e non ulteriormente procrastinabili per poter fornire agli studenti un bagaglio culturale funzionale e spendibile a livello europeo, mi chiedo se si prenderà in considerazione l’ipotesi di una individualizzazione dei piani di studio ossia la possibilità di crearsi, con il supporto di un tutor, un proprio programma di autori, stili, repertori e di poter gestire le varie tappe del proprio percorso senza vincoli legati alla successione dei corsi da seguire (non puoi studiare questo se prima non fai il tale esame). L’individualizzazione dei percorsi formativi non deve essere intesa come un adeguamento verso il basso del livello di formazione degli studenti, ma può altresì aprire le porte a nuove potenzialità, motivando chi si avvicina allo strumento rendendolo consapevole che esiste la possibilità di rendere il suo rapporto con la musica qualcosa di unico e irripetibile.
Vorrei concludere queste brevi riflessioni con un ricordo che mi è particolarmente caro, ed è l’ultima parola che dovremmo recuperare: nei conservatori stranieri ho incontrato molti ragazzi e ragazze volenterosi, spesso impegnati in sessioni di studio estenuanti, lezioni impegnative e magari, la sera, concerti o performance che spaziavano dal jazz alla musica lirica. Non ho mai sentito una parola di sconforto o di sofferenza, ho visto una grande serenità…credo sia una condizione che tutti, insegnanti e studenti, dovremmo tener sempre presente nella nostra pratica musicale quotidiana.
per un nuovo percorso formativo in italia
In un paese dove i bidelli di Deamicisiana memoria si trasformano in collaboratori scolastici, gli spazzini tanto cari al Calvino degli irresistibili racconti di Marcovaldo vengono promossi ad operatori ecologici e neppure gli infermieri scampano a questo lifting linguistico trasformandosi in manager delle professioni sanitarie, sembra strano dover richiamare alcuni termini che dovrebbero essere pane quotidiano per chi si occupa di educazione musicale.
Parole, definizioni che sembrano scontate sono spesso cancellate, evitate, derise; a molti sarà certamente capitato di sentirsi in imbarazzo quando ci viene richiesta per l’ennesima volta la nostra “vera” professione dopo aver chiaramente dichiarato: “Faccio il musicista” sollevando sguardi di pietoso compatimento: “Musicista? Ma se non ti ho mai visto in televisione!” Questa tra le varie risposte che ho ricevuto è la più ripetibile, ma non è stata l’unica: “Musicista? Ma se non ha neanche l’autoradio!” (una pattuglia di Carabinieri che mi aveva fermato dopo un concerto) “Musicista? Ok, ma per vivere cosa fa realmente?” (l’addetto all’anagrafe del mio comune che mi conosce da quando sono nato) “Musicista? Io ho un cugino che canta ai matrimoni…” (scontata la risposta: “Bisogna aver pazienza, nessuno è perfetto…”) Mi fermo qui ma potrei continuare a lungo.
Il primo termine da recuperare è appunto questo: musicista.
Una parola spesso equivocata (musicista uguale visibilità uguale successo uguale potere) che in Italia ha perso sia dignità (vedi gli aneddoti di cui sopra) che significato.
Occorre riappropriarsi con rinnovato orgoglio di questo aggettivo e praticarlo soprattutto come sostantivo: professione musicista o musicista di professione devono diventare categorie riconosciute e riconoscibili (abbiamo creato i tronisti, le veline, i paparazzi e dobbiamo rinunciare ai musicisti?) nonostante riforme, tagli e quant’altro si abbatte e si potrà abbattere in futuro.
Ma non è purtroppo l’unico: affondati da una mole cartacea spesso obsoleta e farraginosa che scoraggia chi osi andare alla ricerca di punti fermi, di costanti pedagogiche comparabili o semplicemente di obiettivi interdisciplinari all’interno delle programmazioni e dei piani di studio del sistema educativo musicale nostrano sembra necessario procedere come i salmoni: risalire dagli effetti e ripercorrere a ritroso tutto il percorso che ha portato i musicisti italici ad avere sempre più spesso una formazione musicale lacunosa o comunque decisamente migliorabile. Dov’è che si sono persi di vista quei punti fermi, quegli obiettivi irrinunciabili, dove sono finite le parole che dovremmo sempre aver presenti durante la formazione musicale?
Analizzando in sintesi i piani di studio tedeschi, belgi e spagnoli è evidente che occorre recuperare la dimensione dell’ente formativo per eccellenza, il conservatorio, quale comunità educante.
Comunità intesa come gruppo di persone che condividono regole, valori, responsabilità, e che stabiliscono una rete di relazioni, una vita sociale dalla quale nessun individuo è avulso, trascurato. Educante perché ha stabilito un chiaro progetto educativo e si fa carico di chi è in difficoltà, sostenendolo ed aiutandolo a sviluppare il suo potenziale educativo ma al tempo stesso valorizza chi è dotato offrendogli continue occasioni per crescere e completare la sua formazione. Parlando di condivisione vorrei far rilevare il valore formativo dell’esperienza del fare musica assieme agli allievi, in formazioni miste di docenti e studenti. Come ho potuto constatare in alcune brevi esperienze all’estero, questa pratica è altamente gratificante sul piano umano e relazionale nonché estremamente utile sul piano formativo in quanto l’allievo si sente valorizzato e considerato come elemento importante in un sistema che produce eventi artistici significativi.
Una metodologia ancora poco praticata ma che sta dando ottimi risultati è quella della lezione collettiva di strumento, dove allievi di diverso livello ma uniti dalla passione per lo stesso strumento si trovano a far musica assieme con diverse modalità: a volte uno studente suona e gli altri fanno le proprie osservazioni, a volte si legge assieme un nuovo brano e si lavora a livello di analisi e successive variazioni, altre volte si fanno composizioni estemporanee seguendo le indicazioni dell’insegnante, tutto ciò in un clima di grande serenità dovuto alla condivisione di un’esperienza dove ognuno da al gruppo il proprio apporto personale secondo le sue capacità.
In una comunità educante è scontato prevedere una formazione musicale globale dell’individuo che offra gli strumenti per decodificare la realtà musicale in tutti i suoi molteplici aspetti e linguaggi.
Qui il discorso diventa più articolato: anche nei conservatori italiani si studiano altre “materie” oltre allo strumento: teoria musicale, armonia, storia della musica…ma possiamo sinceramente dire che tale formazione sia sufficiente e soprattutto spendibile a livello europeo? Certamente no, basta confrontare l’articolazione dei corsi di teoria musicale (altrove definiti “linguaggio musicale” oppure “formazione dell’orecchio musicale”) per rendersi conto che il confronto è spietatamente a nostro svantaggio, e non solo esclusivamente nel campo del puro solfeggio ma anche in tutti quegli aspetti dell’alfabetizzazione musicale: dalla ritmica all’educazione dell’orecchio, dall’analisi all’improvvisazione, dalla lettura a prima vista al trasporto, dall’accompagnamento alla conoscenza del repertorio.
Chiediamoci per un attimo se i cosiddetti “corsi complementari” di storia della musica o di armonia siano ancora difendibili sul piano della formazione globale del musicista o se non andrebbero rivisti, potenziati, e, soprattutto, legati ad esperienze concrete all’interno della comunità educante.
Un sistema musicale comunitario non può non prevedere una pluralità di indirizzi e specializzazioni volti a soddisfare le molteplici realtà della pratica musicale contemporanea. Ai nostri giorni non basta più essere un “musicista”, occorre approfondire il proprio percorso rendendolo il più affine alle proprie capacità e alle proprie esigenze: da qui un molteplicità di indirizzi, già esistente in molte realtà straniere: dal concertismo alla musica da camera, dalla didattica dello strumento all’accompagnamento.
Tale specializzazione non deve però andare a scapito di una profonda conoscenza globale dello strumento e della più ampia pratica dei repertori delle varie epoche e dei diversi stili, in tal senso molti istituti hanno aperto le porte alla musica jazz e alla musica contemporanea, con formazioni diversificate che permettono di sviluppare sul piano pratico abilità troppo spesso emarginate: la lettura a prima vista, il trasporto, l’improvvisazione.
Nella mia esperienza all’estero ho assistito a lezioni di strumento non vincolate entro gli stretti limiti dei sessanta minuti, trascorsi i quali, indipendentemente da qualsiasi necessità didattica, occorreva interrompere il lavoro. Ho assistito ad una lezione durata oltre due ore al termine della quale insegnante ed allieva erano entrambi stremati ma consapevoli di aver sia ricevuto che dato, stabilendo una relazione educativa bidirezionale che la lasciava entrambi soddisfatti.
Volendo proseguire in quest’ottica le riforme al sistema italiano appaiono profonde e non ulteriormente procrastinabili per poter fornire agli studenti un bagaglio culturale funzionale e spendibile a livello europeo, mi chiedo se si prenderà in considerazione l’ipotesi di una individualizzazione dei piani di studio ossia la possibilità di crearsi, con il supporto di un tutor, un proprio programma di autori, stili, repertori e di poter gestire le varie tappe del proprio percorso senza vincoli legati alla successione dei corsi da seguire (non puoi studiare questo se prima non fai il tale esame). L’individualizzazione dei percorsi formativi non deve essere intesa come un adeguamento verso il basso del livello di formazione degli studenti, ma può altresì aprire le porte a nuove potenzialità, motivando chi si avvicina allo strumento rendendolo consapevole che esiste la possibilità di rendere il suo rapporto con la musica qualcosa di unico e irripetibile.
Vorrei concludere queste brevi riflessioni con un ricordo che mi è particolarmente caro, ed è l’ultima parola che dovremmo recuperare: nei conservatori stranieri ho incontrato molti ragazzi e ragazze volenterosi, spesso impegnati in sessioni di studio estenuanti, lezioni impegnative e magari, la sera, concerti o performance che spaziavano dal jazz alla musica lirica. Non ho mai sentito una parola di sconforto o di sofferenza, ho visto una grande serenità…credo sia una condizione che tutti, insegnanti e studenti, dovremmo tener sempre presente nella nostra pratica musicale quotidiana.
martedì 23 marzo 2010
DE-ALLEVIZZIAMOCI!
Il "povero" Giovanni Allevi, portato sugli allori come novello Amadeus, principe della musica, paladino del risorgimento classico ed autopromossosi compositore e direttore d'orchestra (basti osservare come impugna la bacchetta, manco fosse un badile) è sempre meno credibile sia come "musicista che parla al cuore della gente" che come virtuoso del pianoforte...
Finalmente qualcuno comincia a ricredersi, guardate i due video qui sotto e riflettete.
Allevi presunto virtuso:
http://www.youtube.com/user/PianistaItaliana#p/a/f/1/U1Fgi8rOY6U
Allevi presunto artista del cuore http://www.youtube.com/user/PianistaItaliana#p/a/f/0/BS5sr1j2_b8
Finalmente qualcuno comincia a ricredersi, guardate i due video qui sotto e riflettete.
Allevi presunto virtuso:
http://www.youtube.com/user/PianistaItaliana#p/a/f/1/U1Fgi8rOY6U
Allevi presunto artista del cuore http://www.youtube.com/user/PianistaItaliana#p/a/f/0/BS5sr1j2_b8
che dire? Consiglio un soggiorno di meditazione nella Terra del Fuoco...
lunedì 27 aprile 2009
A VOLTE RITORNANO...
Eh si, ci son voluti quasi vent'anni prima di tornare all'Orff-Institut di Salisburgo e devo dire che, oltre a valerne la pena, è stato emozionante rivedere luoghi ed insegnanti che mi avevano colpito per la loro incredibile preparazione.
Questo è il sito dell'istituto, collegato al mozarteum di Salisburgo:
(la pupa dietro di me nella foto è Doris, una delle insegnanti)
martedì 24 marzo 2009
VERONA NEL CUORE DI GIULIETTA
Ecco il libro fotografico di Zatac VERONA NEL CUORE DI GIULIETTA presentato nella sala Farinati della biblioteca Civica di Verona.
Allegato al libro c'è un cd con una serie di miniature musicali improvvisate al pianoforte.
Cliccando sul link qui sotto potete vedere ed ascoltare una presentazione del libro
questo è il sito dedicato al libro:
giovedì 11 dicembre 2008
4 RACCONTI
Ho pubblicato con Zatac (http://www.zatac.it/) un libretto con quattro racconti natalizi dedicati ai quattro elementi: terra, aria, acqua, fuoco. Se desiderate averne una copia scrivete a info@federicofuggini.it indicando come oggetto CERTI ELEMENTI e ve lo invierò in formato pdf!
COCENTI PASSIONI- racconto di fuoco
Mai credere ai telegiornali. Mai.
Perché, o siete scemi e allora vi bevete tutto quello che vi raccontano, oppure capite che si inventano tutto, tipo le previsioni del tempo, e che dietro quella facciata banale c’è una verità un po’ più scomoda e difficile da raccontare. Vi è mai capitato di perdere la testa per qualcuno? Senz’altro si. Anche a me, solo che la tipa in questione non abita a Gazzolo o Roncadelle, ma in una villa a Beverly Hills ed è un’attrice famosa.
Non vi dico come si chiama ma la conoscete tutti: è la bagnina, quella bionda per intenderci. Direte subito che sono senza speranza, un illuso, un immaturo, ma io invece sono un testardo determinato e allora mi sono messo all’opera. Primo passo: trasferimento in California con volo low cost e pochissimi bagagli al seguito...
Mai credere ai telegiornali. Mai.
Perché, o siete scemi e allora vi bevete tutto quello che vi raccontano, oppure capite che si inventano tutto, tipo le previsioni del tempo, e che dietro quella facciata banale c’è una verità un po’ più scomoda e difficile da raccontare. Vi è mai capitato di perdere la testa per qualcuno? Senz’altro si. Anche a me, solo che la tipa in questione non abita a Gazzolo o Roncadelle, ma in una villa a Beverly Hills ed è un’attrice famosa.
Non vi dico come si chiama ma la conoscete tutti: è la bagnina, quella bionda per intenderci. Direte subito che sono senza speranza, un illuso, un immaturo, ma io invece sono un testardo determinato e allora mi sono messo all’opera. Primo passo: trasferimento in California con volo low cost e pochissimi bagagli al seguito...
domenica 11 maggio 2008
CREATIVI E DIVERTENTI!
Cosa stanno facendo questi due signori?
Non lo indovinereste mai, ma posso assicurarvi che si stanno divertendo e il pubblico...ancora di più!
Eppure, il violinista russo Aleksey Igudesman e il pianista anglo-coreano Richard Hyung-Ki Joo sono musicisti di razza, con una tecnica invidiabile, andate a vedere questo video e se si esibiscono dalle vostre parti non fateveli sfuggire!
venerdì 14 marzo 2008
IL PIANO DEL VICINO E' SEMPRE PIU' FORTE
Un sabato pomeriggio mentre porti la figlia a pattinare può accadere di imbattersi in un manifesto che mette in bella mostra il faccione qui sotto: GRIGORY SOKOLOV, uno dei più grandi pianisti viventi che si esibisce in un teatro parrocchiale di un comune del veronese...
Così, semplicemente, senza strombazzamenti, questo autentico genio pianistico ha suonato l'8 marzo in un paesino che da anni lo ospita e gli ha donato la cittadinanza onoraria.
Ascoltare Sokolov è un'esperienza indimenticabile, provare per credere (basta cliccare qui sotto)
http://www.youtube.com/watch?v=5LR86sgO6C4 (Prokofiev)
domenica 23 settembre 2007
L'EDUCAZIONE MUSICALE IN VENEZUELA
Consiglio a tutti, insegnanti ed allievi, questo documentario sul sistema musicale venezuelano, un esempio di come la musica può essere un'arma fondamentale nella lotta alla povertà e alla delinquenza.
Quando Claudio Abbado vi si è recato come direttore ospite ha affermato: "Ho visto il futuro della musica"
Per maggiori informazioni visitate il sito www.venezuelanmusicproject.com
giovedì 31 maggio 2007
IL GIOCO 2: MUSIC ACE
Altro bellissimo gioco educativo musicale, la sua caratteristica è l'interattività che permette di suonare, ritmare, comporre, ripetere melodie e ritmi apprendendo così i fondamenti della musica.
L'interfeccia, in inglese, è molto accattivante anche per i più piccoli.
Ecco il sito originale dal quale si può scaricare una simpatica versione share:
IL GIOCO 1: OPERA FATAL
Consiglio a tutti di procurarsi il gioco per pc Opera Fatal, si tratta di un'avventuroso viaggio all'interno di un teatro d'opera per ritrovare una partitura misteriosamente scomparsa. Durante l'esplorazione ci si imbatte in numerosi quesiti di carattere musicale che vanno risolti e riportati su una agenda. Per aiutarsi si può consultare la nutrita biblioteca che fornisce informazioni di storia della musica, teoria ed esempi musicali. E' un gioco molto avvincente che coinvolge tutti: grandi e piccini!
In alcune parti è di difficile soluzione, per questo esiste anche un supporto cartaceo che fa da guida.
Se vi interessa la guida, scrivetemi e ve la invierò! (ricordate però di lasciare il vostro indirizzo e-mail)
ATTENZIONE: PURTROPPO, NON POSSO SPEDIRE IL GIOCO (anche per problemi di copyright...) MA SOLO LA GUIDA PER RISOLVERLO, MI DISPIACE.
Ecco il sito originale tedesco
http://www.opera-fatal.de/
http://www.opera-fatal.de/
giovedì 19 aprile 2007
PIANO CREATIVO 4: VICTOR BORGE, IL MITO
Scoperto per caso nella rete, Victor Borge è diventato immediatamente uno dei miei miti, guardate i video e sbelicatevi dalle risate, senza dimenticare però che è un ottimo pianista, non solo un grande comico!
Rapsodia Ungherese di Liszt a quattro mani http://www.youtube.com/watch?v=W8R0ZwYvXpg&mode=related&search=
La sonata al chiaro di luna di Beethoven, sempre con i Muppets http://www.youtube.com/watch?v=FWf7GEX65Sw&mode=related&search=
Concerto per due pianoforti e guastatore http://www.youtube.com/watch?v=LmYky_iL2nE&mode=related&search=
In coppia con Leonid Hambro per il valzer di un minuto di Chopin http://www.youtube.com/watch?v=gWrqtJTEmBk
L'importanza dello sgabello http://www.youtube.com/watch?v=FkE38Y7m1tM
Tutti amano Chopin http://www.youtube.com/watch?v=OsJLWNbHORs
martedì 27 marzo 2007
TRE VIDEO CON ZATAC
Questi due video sono le sigle finali realizzate con Zatac (www.zatac.it) per il Sangiò Video Festival, la rassegna internazionale di video che si tiene a Verona ogni estate.
La regia è di Tiziano Zatachetto, le musiche del sottoscritto. Nei video appare anche Michelle, la mia opera d'arte più riuscita
SIGLA 2005 http://www.youtube.com/watch?v=vsvTyNRalQA
SIGLA 2006 http://www.youtube.com/watch?v=lvbRRb3RDpk
SIGLA 2008 http://www.youtube.com/watch?v=8RbQD-ri6A4
sabato 24 marzo 2007
PIANO CREATIVO 1: 3 PIANO PIECES FOR DAVID TUDOR
Iniziamo con una pietra miliare: i 3 pezzi che La Monte Young scrisse per il pianista David Tudor nel 1960
Piano Piece for David Tudor #1
Bring a bale of hay and a bucket of water onto the stage for the piano to eat and drink.
The performer may then feed the piano or leave it to eat by itself.
If the former, the piece is over after the piano has been fed.
If the latter, it is over after the piano eats or decides not to. October 1960
Il n. 1 chiedeva di portare una balla di fieno e un secchio d’acqua sul palco vicino al piano: “l’esecutore può dar da mangiare al piano o lasciare che mangi da sé. Nel primo caso, il pezzo termina quando il piano è stato nutrito. Nel secondo, termina quando il piano ha mangiato o ha deciso di non farlo.”.
Piano Piece for David Tudor #2
Open the keyboard cover without making, from the operation, any sound that is audible to you.Try as many times as you like.
The piece is over either when you succeed or when you decide to stop trying.
It is not necessary to explain to the audience.
Simply do what you do and, when the piece is over, indicate it in a customary way. October 1960
Il n. 2 chiedeva al pianista di alzare il coperchio della tastiera senza fare con questa operazione alcun suono, provare quante volte si vuole.
Il pezzo termina quando riuscite a farlo o quando decidete di smettere di tentare.
Non è necessario spiegarlo al pubblico.
Semplicemente farlo e, quando il pezzo è finito, spiegarlo nel modo consueto.
Piano Piece for David Tudor #3
Most of them were very old grasshoppersNovember 14, 1960
Il n. 3 recitava solo oscuramente “La maggior parte di loro erano cavallette molto anziane”.
Bring a bale of hay and a bucket of water onto the stage for the piano to eat and drink.
The performer may then feed the piano or leave it to eat by itself.
If the former, the piece is over after the piano has been fed.
If the latter, it is over after the piano eats or decides not to. October 1960
Il n. 1 chiedeva di portare una balla di fieno e un secchio d’acqua sul palco vicino al piano: “l’esecutore può dar da mangiare al piano o lasciare che mangi da sé. Nel primo caso, il pezzo termina quando il piano è stato nutrito. Nel secondo, termina quando il piano ha mangiato o ha deciso di non farlo.”.
Piano Piece for David Tudor #2
Open the keyboard cover without making, from the operation, any sound that is audible to you.Try as many times as you like.
The piece is over either when you succeed or when you decide to stop trying.
It is not necessary to explain to the audience.
Simply do what you do and, when the piece is over, indicate it in a customary way. October 1960
Il n. 2 chiedeva al pianista di alzare il coperchio della tastiera senza fare con questa operazione alcun suono, provare quante volte si vuole.
Il pezzo termina quando riuscite a farlo o quando decidete di smettere di tentare.
Non è necessario spiegarlo al pubblico.
Semplicemente farlo e, quando il pezzo è finito, spiegarlo nel modo consueto.
Piano Piece for David Tudor #3
Most of them were very old grasshoppersNovember 14, 1960
Il n. 3 recitava solo oscuramente “La maggior parte di loro erano cavallette molto anziane”.
lunedì 19 marzo 2007
CD 7: MARCELLIANO MARCELLO
Questo cd raccoglie le romanze per canto e pianoforte composte dal musicista lupatotino Michele Marco Marcelliano Marcello (1818-1865) ed il Gloria per coro maschile dello stesso autore.
Soprano: Alessandra De Negri, corale Santa Cecilia di Cadidavid diretta da Giuseppe Manzini.
Su Marcelliano Marcello ho redatto anche un saggio completo del catalogo delle opere pubblicato dall'Associazione Radici
domenica 25 febbraio 2007
martedì 20 febbraio 2007
CD 6: LE VOCI SEGRETE DEI LIBRI
LE VOCI SEGRETE DEI LIBRI
Si tratta di un lavoro per il Mondadori Junior Festival che si tiene ogni anno a Verona.Con Dario Ferronato e Maria Benedetta Pasquali abbiamo realizzato, in gran velocità, un sottofondo musicale alle letture dei testi interpretati da Andrea de Manincor e Sabrina Modenini.
P.S. mi avevano chiesto un lavoro simile anche per un disco di fiabe lette da Maria De Filippi ma, per carità di patria, ho declinato l'offerta.
CD 5: DI LUPI, DI ACQUE E DI PIETRA
DI LUPI, DI ACQUE E DI PIETRA
cartoline da un paese nascosto
cartoline da un paese nascosto
Testi e musiche: Federico Fuggini
Foto e montaggio video: Tiziano Zatachetto
Letture: Andrea de Manincor
Probabilmente il mio lavoro più ambizioso: un dvd che tenta di riscrivere la storia del paese mescolando realtà e leggenda, con un reportage di quasi 300 scatti fotografici di Zatac e l'intervento video di Andrea de Manincor. Per Zatachetto vedi anche www.zatac.it
Chi nasce da queste parti sente raccontare fin da bambino di un paese chiamato Sanctum Johannem ad lupum totum, di boschi con branchi che pattugliavano il territorio terrorizzando i pochi abitanti, dello stemma del comune, difficilissimo da disegnare per noi bambini senza finire col fare qualcosa di assolutamente ridicolo. Poi, quando si cresce, si rimane invariabilmente delusi. Di loro, neppure l’ombra. Non un esemplare impagliato, non un cranio, un dente. Nulla. Dove si sono nascosti?
CD 4: NINA NANA BOBO'
Ancora un disco di ninne nanne ma anche filastrocche, scioglilingua, conte ed altro materiale della tradizione popolare veronese. I testi sono stati raccolti da Dino Coltro.
Al disco partecipano anche Dario Ferronato, chitarra, Maria Benedetta Pasquali, flauto e Raffaella Benetti, voce. Nel libretto sono raccolti anche i testi e la versione musicale delle melodie. L'immagine di copertina è opera di Saba Ferrari
CD 2: NINNALUPO
CD realizzato con Dario Ferronato e Nicola Cinquetti, scrittore per bambini.
Il sottotitolo recita Ninne nanne non solo lente non solo sonnolente.
Ecco un estratto dall'intervista.
D. Cosa potete dire riguardo alle musiche? Quali caratteristiche hanno?
Fuggini: Si tratta di un prodotto diverso dalle ninne nanne tradizionali, ripetitive, quasi ipnotiche, musicalmente inconsistenti, abbiamo voluto in primo luogo fare un buon prodotto musicale, nella convinzione che i bambini meritino qualcosa di più di una canzonetta stereotipata elaborata al computer.
Ferronato: Infatti abbiamo scelto di usare esclusivamente strumenti acustici, non elettronici, per dare alle musiche quel calore che i suoni campionati non possono certo offrire.
Fuggini: Si tratta di un prodotto diverso dalle ninne nanne tradizionali, ripetitive, quasi ipnotiche, musicalmente inconsistenti, abbiamo voluto in primo luogo fare un buon prodotto musicale, nella convinzione che i bambini meritino qualcosa di più di una canzonetta stereotipata elaborata al computer.
Ferronato: Infatti abbiamo scelto di usare esclusivamente strumenti acustici, non elettronici, per dare alle musiche quel calore che i suoni campionati non possono certo offrire.
Fuggini: Inoltre, proprio per non cadere nel noioso, abbiamo scelto di usare linguaggi estremamente diversi, stili vari che rendessero il prodotto una sorta di iniziazione alla musica per i più piccoli.
Ferronato: Certo, è inusuale vedere un chitarrista rock alle prese con una ninna nanna, ma, se si tratta di far sentire la vivacità del bambino che non vuole mai dormire, sempre sveglio, sempre in moto, (come recita il testo) era quello che ci voleva!
D. E a chi vi dice che non sono vere ninne nanne cosa rispondete?
Fuggini: Se proprio vuol dormire, basta che accenda la tivù!
Fuggini: Se proprio vuol dormire, basta che accenda la tivù!
lunedì 19 febbraio 2007
CD 1: LAKME'
Lakmé
music & poetry
Michela Aru: flauto traverso
Sandro Avesani: sax e voce recitante
Andrea Bazzoni: percussioni
Dario Ferronato: chitarre
Federico Fuggini: piano e harmonium
il quintetto Lakmé è nato con l'intento di coniugare musica e poesia.
Ad ogni testo poetico o di prosa segue una "riflessione musicale" che ricrea emozioni ed atmosfere secondo un percorso magico ed incantatorio nel quale confluiscono le diverse esperienze musicali dei componenti.
Lakmé si è rivelato anche adattissimo ad accompagnare documentari e spettacoli teatrali ottenendo lusinghieri riconoscimenti in concorsi specializzati.
Sono molto affezionato a questo primo lavoro discografico e vi ritorno spesso attingendo materiali ed idee per nuove produzioni.
E' stata un'esperienza, temo, irripetibile.
GRUPPO BLUES
THE DEVIL SPOKE - all my bones began to shake
Dario Ferronato: chitarre, armonica e voce
Federico Fuggini: piano e organo
Daniele Danese: basso
Bruno Lancetti: batteria
Sandro Avesani: sax baritono e voce recitante
il repertorio comprende sia gli autori storici del blues delle radici (Robert Johnson su tutti) sia gli artisti del blues elettrico quali Clapton, Dixon, ecc
Durante il concerto si alternano parti musicali a letture di passi tratti dalle autobiografie di grandi del blues: B.B.King, Billie Holiday...
Abbiamo avuto la fortuna di aprire il concerto del grande chitarrista Tolo Marton!
Per i concerti vedi la sezione APPUNTAMENTI sulla home page
DEEP PURPLE TRIBUTE
LA SCUOLA DI MUSICA
Nasce nel 1988 il Centro per l'Avviamento Musicale, ossia la scuola di musica di San Giovanni Lupatoto. Ecco il sito per avere tutte le informazioni: www.centroavviamentomusicale.it
Merita una visitina
nella foto un gruppo di allievi a Milano con Franco Mussida (PFM)
domenica 18 febbraio 2007
CURRICULUM COMICO
FEDERICO FUGGINI
CURRICULUM ALTERNATIVO
I segni che il destino ha riservato per lui qualcosa di veramente speciale non si fanno attendere: da bambino viene scelto dal mago Silvan per un numero di magia che consiste nel estrargli una moneta da 100 lire da un orecchio! Per Santa Lucia riceve in regalo un clarinetto di plastica che prova a suonare ma poi scopre che suonare il piano è talmente facile che perfino lui potrebbe imparare. Sfortunatamente i genitori fraintendono e lo mandano a lezione di piano da un clarinettista.
Quando finalmente riesce a spiegare le sue vere intenzioni, li supplica di acquistargli un vero pianoforte e dopo una sola settimana di sciopero della fame viene accontentato. Si laurea giovanissimo al DAMS di Bologna chiedendo ed ottenendo come regalo di laurea un ghepardo di peluche. Si diploma anche in pianoforte ma i vicini si rifiutano di fargli un regalo perciò decide di fare lui un regalo ai vicini scegliendo di traslocare. Tra i suoi più recenti scritti musicologici ricordiamo:
-Vieni avanti...cremino! – le più dolci arie dell’opera lirica (ed. Ferrero 2001)
-Santo subito! – i miracoli attribuiti a Bach: la guarigione del conte Keyserling da una perniciosa forma di insonnia grazie alle Variazioni Goldberg (ed. Ronf 2005)
-Che dichi? – l’inno alla gioia come precursore dell’hard rock e le vere cause della sordità di Beethoven (ed. Amplifon 2009)
- Un bel dì vedremo... – biografia di Ray Charles (ed. Aspettaespera 2010)
...Levarsi un fil di fumo – biografia di Bob Marley (ed. Quativoglio 2011)
-Santo subito! – i miracoli attribuiti a Bach: la guarigione del conte Keyserling da una perniciosa forma di insonnia grazie alle Variazioni Goldberg (ed. Ronf 2005)
-Che dichi? – l’inno alla gioia come precursore dell’hard rock e le vere cause della sordità di Beethoven (ed. Amplifon 2009)
- Un bel dì vedremo... – biografia di Ray Charles (ed. Aspettaespera 2010)
...Levarsi un fil di fumo – biografia di Bob Marley (ed. Quativoglio 2011)
Ormai irrimediabilmente avviato sulla via della sperimentazione artistica produce dvd, colonne sonore, happening di improvvisazione...i parenti sono stati avvisati.
La caricatura è di Alberto Grezzani.
La caricatura è di Alberto Grezzani.
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